Intervista a Claudio Chiapparoli, Presidente del DIE HARD TEAM

IMG-20150604-WA0003 2 copyNell’estate del 2006 ho conosciuto Claudio, tramite il mio lavoro. Non è stato difficile prendere confidenza, chiacchierando di una passione condivisa, la Mountainbike.

Claudio mi informa che assieme ad altri amici ha l’intenzione di fondare un Team, del quale lui sarà il presidente.

Dopo alcuni anni alla Cicloamatori di Bellusco, concludo la stagione in corso con la vecchia squadra e richiedo il nulla osta, per passare con entusiasmo al DIE HARD TEAM!

 

Ciao Claudio, Come e quando nasce il DHT, e da cosa ti è venuta l’idea di fondare una squadra di Mountainbike?

Il DHT nasce il 07/01/2006, su idea di quattro amici. Tutto ebbe inizio circa tre mesi prima, quando durante un’uscita insieme a Davide sul Monte Canto, incontrammo Francesco, che per motivi diversi conoscevamo ma non vedevamo da tempo. Da quel giorno iniziammo ad uscire insieme, noi tre e Marco, che ora è il segretario del Team. Le uscite erano molto divertenti, e ci davano la possibilità di condividere la nostra passione. Dopo le pedalate prendemmo l’abitudine di bere una birra insieme, o anche più di una. Da quei giorni in poi, il passo per creare il DIE HARD TEAM fu molto breve. Ci mettemmo così alla ricerca delle informazioni per realizzare la nostra idea. Poi, in una serata indimenticabile a base di vino e zola, decidemmo il nome, con l’intento di creare un gruppo di amici con cui condividere la passione per la Mountainbike. Infine abbiamo trovato degli sponsor disposti a sostenerci, così stampammo le prime divise. La sede, solo per fini burocratici è casa mia, a Capriate San Gervasio. (BG)                                                                                              

-Quanti iscritti ha avuto il primo anno, e quanti ne conta oggi?

Il primo anno eravamo in dieci, oggi siamo ventidue. Dal primo anno, oltre a noi quattro siete rimasti tu, Alberto, e Rocco Chioda, lo dico con molto piacere.

-Quali cambiamenti ha subito il Team in quasi dieci anni di attività?

I cambiamenti sono stati diversi, dati fondamentalmente dall’aumento dei tesserati, oltre che alle ispirazioni di ognuno di noi, in merito all’interpretazione di questo sport. Nei primi cinque anni tutti aspiravano a partecipare alle competizioni di tipo marathon o granfondo. Negli ultimi anni invece si punta maggiormente al divertimento, tra gare 24ore e gite  eno-gastronomiche.

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-Ricordi in particolar modo una trasferta di gruppo o una gara?

La Granfondo di Montalcino, nel 2009. Era l’anno in cui prendevamo parte al circuito dei Nobili, in Toscana sarebbe stata l’ultima gara del calendario, e lottavamo per entrare tra i primi cinque Team classificati accedendo alle premiazioni. Partimmo tutti decisi a dare forza all’obbiettivo che con tenacia abbiamo raggiunto arrivando quarti. Ricordo chi come te arrivò al traguardo con un dito quasi rotto dopo una caduta, chi aveva rotto la catena, chi aveva forato…ma alla fine raggiunse gloriosamente la linea d’arrivo! Il Team era davvero unito in quel periodo, lo spirito condiviso superava la brama del risultato.

-La trasferta più alcolica?

Montebelluna, Granfondo del Montello.

-La gara più spettacolare dal punto di vista paesaggistico?

La Via del sale a Limone Piemonte. Panorami mozzafiato e fortini in alta quota. Lo sguardo si perdeva All’orizzonte, tra la meraviglia delle montagne.

-La peggiore?

Monteriggioni in Toscana. Non per il luogo, ma per le terribili condizioni climatiche. Faceva freddo, tirava vento forte, e ha piovuto per l’intera gara.

-La caduta più comica? La più tragica?

La più comica sicuramente Rocco Di Lorenzo, quando durante una notturna finì col ginocchio contro un paletto in ferro. La più tragica quella di Francesco a Chiesa Valmalenco, trasportato in ospedale in elisoccorso, bacino e braccio rotto, passò diversi mesi in ospedale, fù terribile.                                                                                         

-Ogni anno assieme a Davide e Marco organizzi delle bellissime gite offroad, cosa hai in mente per quest’anno?

Quest’anno andremo sull’Alpe di Siusi, ovvero nella parte occidentale delle Dolomiti. Il percorso si snoda ad anello e verrà percorso in tre giorni, raggiungeremo due rifugi in alta quota per i pernottamenti. Manca ancora qualche piccolo dettaglio, ma siamo a buon punto. Affronteremo circa 110 chilometri con un dislivello di 3500 metri, distribuiti nei tre giorni. Sarà il 17/18/19 luglio.

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-Come vedi il futuro del Team, e per il decimo anno di vita hai in serbo qualcosa?

Se la vecchia guardia tiene, vedo un buon futuro, sebbene non sia facile trovare il gruppo sempre unito e partecipare con regolarità alle uscite domenicali, considerando famiglia, lavoro e problemi di vario genere. Un buon ingrediente da mantenere per poter continuare alla grande è il divertimento. Per il decimo anno di vita del Team stiamo pensando di realizzare una maglia dedicata ed una escursione all’isola D’Elba per festeggiare.

-Hai rimorsi o rimpianti sulla gestione del DHT in questi anni?

No, mi sono impegnato al massimo per tenerlo unito, dedicando il tempo necessario alla gestione. Sempre con un buon aiuto da parte di Davide, Marco e Francesco, che ringrazio.

-Per finire una domanda personale. Hai sempre fatto scuola in discesa, qual’è il tuo segreto?

Non credo di avere particolari segreti, mi piace la discesa e percorrerla ad alta velocità, mi sento sicuro in sella alla mia Giant Anthem X. Credo di avere una buona tecnica, anche se con il passare del tempo ho qualche timore che anni fa non avevo. Però infine quello che penso davvero è che la ruota è più grande del sasso!

Grazie del tempo che hai dedicato a questa intervista e per l’impegno che hai sempre investito in questo gruppo di amici.

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LUNGA VITA AL DIE HARD TEAM!

Tredici Giugno duemilaquindici.

Emanuele Barbaro.

Tratto dallo statuto dell’associazione dilettantistica DIE HARD TEAM.

-L’associazione è apolitica e non ha scopo di lucro.

-L’associazione ha per finalità lo sviluppo e la diffusione del ciclismo.

-Essa esercita con lealtà sportiva la propria attività, osservando i principi della salvaguardia della funzione educativa, popolare, sociale e culturale del ciclismo inteso come mezzo di formazione psico-fisica ed etica dei soci.

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